Inizio prima parte
Si definisce olio essenziale (OE) l’olio volatile estratto dalle piante
aromatiche per distillazione, per estrazione o tramite vapore. “Tali
complessi costituiscono dei liquidi insolubili o poco solubili in acqua (sulla
quale galleggiano come l’olio), solubili in alcool, etere o oli fissi. Come le
sostanze grasse, lasciano una macchia traslucida sulla carta, macchia che
però non è stabile e che, per evaporazione, scompare. Sono tutti dotati, a
causa della loro volatilità, di odore forte e per lo più gradevole.” G.Bertuzzi.
M. Valsussi definisce “l’OE come un estratto fitochimico selettivo, nel
senso che un particolare gruppo fitochimico è scelto e selettivamente
rimosso dalla pianta”.
L’utilizzo degli OE per l’armonizzazione della salute fisica e mentale viene
definito aromaterapia, ed è considerata una prosecuzione della fitoterapia.
Gli OE hanno diversi utilizzi, nel settore cosmetico, nel settore
farmaceutico, nel settore medico e naturopatico. In aromaterapia gli OE
sono utilizzati per migliorare il processo di guarigione naturale, basandosi
sull’attività di molecole biochimiche degli oli.
AROMATERAPIA
L’aromaterapia scientifica o aromatology è lo studio dell’applicazione
terapeutica degli OE. Utilizza rigorose metodologie scientifiche, confermate
da lavori di laboratorio per valutare le reazioni apportate attraverso
l’inalazione, l’ingestione o la semplice frizione all’organismo umano.
Dal punto di vista chimico gli OE sono condensati di sostanze di varia
natura. In ogni composto sono presenti sostanze diverse in particolari
proporzioni.
La composizione di un OE è influenzata da diversi fattori: dal
clima, dall’area geografica dove è cresciuta la pianta, dal tipo di terreno,
dalle modalità di coltivazione, dal tempo di raccolta e dal metodo di
estrazione. Altro fattore di rilievo è la durata della foto-esposizione.
Infatti, la formazione delle essenze è strettamente legata alla azione della
luce e del calore del sole. Per questi motivi, anche piante dello stesso
genere o della stessa specie, possono produrre oli che si diversificano in
parte nella composizione e nel contenuto dei diversi principi attivi
I diversi componenti chimici fanno sì che per individuare una pianta da cui
origina un determinato olio, deve essere specificata non solo dal nome
botanico, bensì anche dal suo epiteto qualitativo e dall’eventuale varietà (es.
Menta – spicata – crispa). L’esatto appellativo dovrà essere segnato
sull’etichetta. Il discorso si fa ancor più complesso in quanto l’OE subisce
l’influenza di differenze genetiche all’interno della stessa pianta come pure
dei fattori ambientali quali area di crescita, clima e terreno. Ad esempio la
Lavanda Spica raccolta in Provenza, avrà una composizione chimica dei
componenti, diversa da quella raccolta nelle zone mediterranee. Da qui si
deriva l’importanza di conoscere il chemiotipo o composizione chimica
dell’olio.
Per ottenere la composizione sono indispensabili degli esami che dovrebbero
essere eseguiti di routine dalle aziende produttrici di OE:
gascromatografia, spettrometria di massa, spettroscopia infrarossa,
rotazione ottica, indice rifrattivo e gravità specifica. Possiamo dire che i
fondamentali sono i primi due. Il primo individua quali specie biochimiche
sono presenti, mentre la spettrometria ne stabilisce le quantità. Le aziende
dovrebbero fare questi esami per ogni lotto di produzione, e comunicarlo
agli acquirenti. Il chemiotipo dell’olio indica la sostanza chimica
dominante.
In questo modo l’esperto aromaterapeuta è in grado di scegliere l’olio più
interessante anche tra prodotti derivanti dalla stessa pianta, quindi con lo
stesso nome, ma con specificità biochimiche diverse.
Ad esempio quando si parla di OE di Salvia, bisogna specificare se è “Salvia
Officinalis” ricca di chetoni neurotossici oppure della “Salvia Sclarea” ricca
in esteri, antieplettici e di estrogen like.
Oppure la “Lavandula Angustifolia ssp angustifolia var fragrans” con il suo
profumo meraviglioso è un ottimo calmante e rilassante. Mentre la
“Lavandula Latifolia” ha effetto tonico,espettorante. Oppure la “Lavanda
Stoechas”, mucolitica ma anche fortemente neurotossica.
La nascita dell’Aromaterapia
L’utilizzo rudimentale degli aromi delle piante risale agli albori. Fin dalla
preistoria l’uomo ha imparato a conoscerle e ad utilizzarle nei culti religiosi,
per curare le malattie e nella vita di tutti i giorni. L’utilizzo delle piante
aromatiche inizialmente è stato abbinato all’alimentazione, poi con la
macerazione e successivamente con l’infusione o la decozione. Si sono
trovati tracce dell’utilizzo di queste piante come mitigatrici dei problemi di
salute in tutte le civiltà. Si deve ai persiani la scoperta della distillazione
propriamente detta nel 100 ac.
E’ in Francia che nel 1928 viene coniato il termine aromaterapia da R.M.
Gattefossè. Infatti la Francia è tra i paesi che hanno contribuito
maggiormente a divulgare la conoscenza e l’utilizzo degli OE al pari dei
farmaci di sintesi. Successivamente il dottor J. Valnet, portò avanti lo
studio e l’applicazione degli OE nel trattamento di numerosi stati patologici.
E’ stato lo studioso Pierre Franchomme che per primo ha introdotto la
definizione chemiotipo di un certo OE per indicare la specie biochimica.
Tale definizione è indispensabile come abbiamo avuto modo di vedere.
Per utilizzare la straordinaria efficacia di alcuni OE contro infezioni
batteriche ostinate o recidivante è essenziale l’analisi dell’aromatogramma.
L’aromatogramma
Si tratta di un antibiogramma effettuato con gli oli essenziali. E’ un metodo
di misura in vitro del potere antibatterico degli olii verso un determinato
ceppo di batteri patogeni isolati da un soggetto malato. Gli OE possono
bloccare alcune funzioni metaboliche del germe come la crescita e la
riproduzione e determinare la lisi dello stesso. Le essenze impiegate per
eseguire gli aromatogrammi debbono far parte di una partita debitamente
schedata. Saranno esattamente quelli che saranno somministrati al
paziente. L’analisi viene effettuata seminando la specie batterica
interessata in un terreno di coltura solido, successivamente si pone sulla
superficie 1 o 2 dischi di carta imbevuti con alcune gocce dell’ OE da
testare. Si farà poi incubare il terreno alla temperatura e per il tempo
necessari, dopodiché si noteranno degli aloni più o meno estesi di inibizione,
ovvero zone di mancata crescita del microrganismo. L’estensione di tali
aloni indica il potere battericida di ciascun OE.
Attraverso questa analisi di laboratorio, si attribuisce l’indice aromatico
dell’OE. L’indice è il rapporto tra alone di inibizione dell’olio in analisi e
l’alone che avrebbe un OE ideale, ovvero con potere battericida massimo, al
quale è attribuito un valore ideale pari a 1. L’ indice massimo è
rappresentato dall’OE di origano (indice origano).
Le infezioni di batteri e funghi più frequenti su cui intervenire con questo
esame sono cistiti, vaginiti recidivanti, faringiti, sinusiti e prostatiti
resistenti agli antibiotici. Con questo esame si troveranno gli OE più
indicati, ricordiamo che generalmente sono classificati in maggiori, medi e
di terreno. Essenze germicide maggiori, hanno azione battericida notevole e
costante che agiscono indipendentemente dal terreno del soggetto. Essenze
medie, il cui potere antisettico è improvviso e imprevedibile a secondo
dell’individualità del soggetto. Essenze di terreno che hanno un’azione
antisettica molto incostante e saltuaria e variano da individuo a individuo.
Nelle piante aromatiche la parte di OE è molto bassa circa dal 1 al 3%, per
estrarla occorrono grosse quantità di vegetale, metodi di coltura i più
biologici possibili, procedimenti di estrazione non indifferenti e un tempo di
riposo che è variabile da pianta a piante. Il metodo di estrazione più usato è
la distillazione a vapore, dove il vapore oltre ai 100° provoca la rottura delle
cellule essenzifere della pianta. Attraverso il passaggio tra cisterne e
attraverso serpentine di raffreddamento, si ottiene OE e l’idrolato
aromatico, una acqua aromatica con tracce dell’OE. E’ doveroso tener
presente che il costo dell’OE non è elevato se si considera il quantitativo di
piante che si deve trattare (per ottener 1 Kg di OE di Rosa Damascena di
devono trattare dai 3500 ai 4000 Kg i petali).
Altra tecnica è l’enfleurage, dove per ottenere il risultato la pianta è messa
in contatto con del grasso.
Si possono ottenere degli OE utilizzando solventi chimici, ma in questo caso
il prodotto ottenuto non sarà naturale e comporterà sempre un’alta
percentuale di rischio come tutti i prodotti chimici. In Francia sono stati
creati dei marchi di qualità per creare una carta di identità degli OE per
indicare la specie botanica, l’organo produttore e il chemiotipo.
Gli OE sono raggruppati in famiglie biochimiche con caratteristiche
chimiche simili. Le principali sono:
FENOLI, MONOTERPENOLI, ALDEIDI, LATTONI,
SESQUITERPENOLI, CUMARINE, OSSIDI, ESTERI, ETERI,
MONOTERPENI, CHETONI, SESQUITERPENI, ACIDI.
L’utilità di questo raggruppamento è di permettere di individuare le
caratteristiche degli oli e l’impiego.
Fine prima parte
20 Responses
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